Intervista alla fotografa di scena Rosellina Garbo

Tratta dal Wall Street International Magazine

Data pubblicazione: 01 Aprile 2020
Scritto da Marianna Santoni
Cosa imparerai da questo articolo:

    Rosellina Garbo, ex danzatrice, è la fotografa ufficiale del Teatro Massimo di Palermo dal 2013.

    La fotografia per lei è una passione lontana.
    La scoprì a quattordici anni quando entrò per la prima volta in una camera oscura. Al tempo studiava danza e la fotografia rimase a margine per diversi anni ancora, ma da quel momento iniziò a maturare dentro di lei il desiderio di provare a raccontare la sua verità sul mondo che viveva.

    Poi la fotografia diventò la sua professione.

     

    Per me Rosellina non è solo una collega. È prima di ogni cosa la mia più grande amica ed è stata proprio la fotografia a farci incontrare tanti anni fa.

    Rosellina: un'anima pura, profonda, insolitamente solare. Sa scavare dentro ogni cosa. Una donna femminile ed elegante, eppure dotata di una forza come non ho mai visto in nessun altro essere vivente.

    Oggi è il suo compleanno e voglio festeggiarlo così, ripubblicando qui un'intervista molto bella che le fu fatta qualche anno dalla giornalista Francesca Joppolo, anch'essa donna magnifica e penna speciale.

    In questa pagina riporto integralmente il testo originale che fu pubblicata sul Wall Street International il 17 luglio 2015.
    A fondo pagina trovi il link all'articolo originale.

    Foto: © Rosellina Garbo.

    Questa foto e quella della testata sono state realizzate in Cina a Hangzou nel dietro le quinte del The Peony Pavilion del Kunqu Opera in occasione della mostra realizzata insieme a quattro colleghi italiani, nell’ambito del progetto Expophoto 2015 di Eblu Comunicazione ideata dal fotografo Claudio Brufola.

     

    Rosellina, come è nata questa tua intervista con la giornalista Francesca Joppolo?

    “Chi mi conosce sa della mia proverbiale distrazione da cose che potrebbero essere fondamentali: il nome di una persona e soprattutto il suo ruolo, la sua professione... zero, io in questo sono zero, mi lascio trasportare da quello che sento, niente di più. E così una sera a cena con amici, c'è una donna accanto a me, parliamo, un feeling immediato, una beatitudine a inseguire e scambiarci il senso delle cose. Poi di getto mi dice “ti va se scrivo un articolo su di te?”. Attimo di panico. Lei è una giornalista, non l’avevo capito. 

    Un articolo su di me?

    Come potrebbe esserle chiaro quello che perfino io ancora stento a mettere a fuoco? Eppure sento che non c’è distanza tra il nostro sentire, mi sembra di conoscerla da sempre, di avere già attraversato i suoi spazi interiori, i suoi silenzi, la distanza del suo sguardo che riesce a proiettare oltre tutto... Un articolo su di me, dico di si. Continuo a guardare la luce dei suoi occhi, la libertà del suo pensiero, il non essere imbrigliata in nessun pregiudizio. 

    Poi ecco l’articolo, solo una conferma a quello che era chiarissimo; per esprimere intensità ed emozione devi averla dentro, come la bellezza, e allora, che tu possieda una macchina fotografica, una penna o uno strumento musicale, la tua ricerca negli altri può essere dettata solo da quello che possiedi e che quindi sai riconoscere. Francesca Joppolo ha una sensibilità rara, questa volta la foto l’ha scattata lei, al volo, con la stessa velocità con cui un fotografo deve chiudere in un’immagine un racconto. È proprio vero che non è mai lo strumento a guidarti, ma l’anima. Le belle persone le trovi sul tuo cammino e lo capisci in una frazione di secondo che sono lì perché tu le possa incontrare.”

    Foto: © Rosellina Garbo.

    Queste due foto ritraggono il ballerino Fernando Suels Mendoza danzatore del Tanztheater Wuppertal Pina Bausch in occasione della prima nazionale dello spettacolo "Abraço" nel 2013 a Gibellina (TR) su progetto di Santina Franco per Palermo In Danza.

    INTERVISTA A ROSELLINA GARBO

    A cura di Francesca Joppolo

     

    Alcuni passanti brandiscono l’ombrello come fosse una baionetta. Bisogna guardarsene per non essere infilzati in un giorno di pioggia. Eravamo più o meno abituati a schivare i colpi, ma di recente è comparsa una nuova insidia urbana dalla quale difendersi, soprattutto nelle città turistiche: l’asta in cima alla quale si piazza il telefonino per scattare il selfie, la foto di se stessi che solo in minima parte è parente dell’ormai preistorico autoscatto. L’autoscatto, tranne quando sperimentato da artisti sommi, aveva quel non so che di fanciullesco e un po’ patetico nello studiare la posa e fare la corsetta dopo aver premuto il “grilletto”, con il rischio di entrare nell’inquadratura solo con uno zigomo o di assumere un’aria ebete. Era episodico, per immortalare grandi occasioni. Il selfie è quotidiano, quasi orario: lo si “posta”su Facebook e similari affinché gli altri possano commentare: bellissimo, con decine di punti esclamativi, anche quando il soggetto è uno scorfano spaventoso. Fissazione per l’immagine? Trionfo della superficialità totale?

    Non secondo Rosellina Garbo, ballerina classica e contemporanea e fotografa di scena del Teatro Massimo, in questo ordine, ma solo dal punto di vista cronologico perché fotografava ballando e, da quando si è ritirata, non ha mai smesso di danzare nella sua interiorità. “Il selfie apparentemente è una banalità - riflette, in una giornata palermitana molto azzurra e ventosa -. In realtà ti guardi nel contesto che vedi, vuoi appropriarti della tua immagine dentro le cose che ti piacciono. E’ un’affermazione di te in una società nella quale non sei. Questo tempo non dà la parte che ognuno reclama, la società non è di merito, ci fa essere sospesi in quello che l’altro non ti dà. Tutto, social inclusi, è il mondo delle non relazioni. Il selfie mi dà testimonianza di quello che ho vissuto. E se fai un selfie e sei felice? Se la tua autostima cresce? Che cosa può esserci di più forte della consapevolezza che non c’è scarto fra quello che senti dentro e la tua immagine? E’ più potente che essere fotografati”.

    Rosellina spiega che una ballerina è sempre in un selfie: “Nella danza formuli un giudizio severo su te stessa attraverso lo specchio. Devi imparare ad accettare quell’altra che guardi e che sei costretta a guardare. Tu che guardi sei l’anima e provi una frattura fra te e quel che vedi. Devi imparare a guardarti e accettarti nella forma del tuo corpo”.

    Rosellina è stata costretta a smettere di danzare nel 2006, dopo una serie interminabile di infortuni. L’ultima volta che ha ballato si è cimentata in una danza aerea a trentacinque metri di altezza a Taormina, durante il Taormina Film Festival. C’erano un sacco di celebrità ad ammirarla fra le quali un rapito Joseph Fiennes, ancora con l’aureola del successo di Shakespeare in love: “Non avevo mai ballato in aria, l’ho fatto per incoscienza ed è come se avessi completato il senso della potenza di sentirmi piena della fisicità. Quella notte, alzata in volo dal mare, attaccata a una mongolfiera a forma di luna, sola nel buio, in una dimensione inimmaginabile, senza più sentire la musica, assente dalla coreografia, mi concessi alla follia e alla forza. So che non potrò mai più vivere questo”. Tornata a terra, in un altro mondo, sentì Joseph Fiennes dire “Where is the moon? (Dov’è la luna? n.d.r.)”, negli occhi dell’attore inglese c’era l’emozione, lo sgomento.

    Lasciando la danza e anche l’insegnamento della danza, Rosellina aveva perso la sua identità di ballerina, quindi l’identità: “Esistevo in un’immagine, se tagli questo non rimane nulla. Da un secondo all’altro non ero più nessuno. Per inciso: la danza era arrivata con grande difficoltà nella mia vita. La mia è una famiglia di medici, ingegneri. L’idea del protagonismo per mio padre era inaccettabile. La prima volta che ho sperimentato la danza è stato a Cefalù, il luogo delle mie radici, bambina passavo ore di abbandono in mare, senza peso, dove il movimento era quello che volevo proprio perché l’acqua ti costringe a uno sforzo incredibile”.

    E’ stata la fotografia che le ha restituito l’identità: “Tutto quello che mi sta dentro ha costruito quello che sono quando fotografo e fotografandoti cercherò sempre quello che tu sei dentro, in relazione con me. Fotografare è un modo forte di essere me stessa: adesso, se mi guardo dietro, penso che senza la fotografia mi sarei persa la parte più importante di me. La macchina fotografica mi permette di vivere il mio autismo. Io sono protetta, come le luci mi proteggevano quando ballavo sul palcoscenico. E mi sento legittimata ad essere invasiva”.

    La Garbo, e non parliamo di Greta, ha le ciglia lunghissime, uno sguardo che s’impone per il dolore che porta e la gioia che porge, un sorriso abbagliante. L’insieme è di un’intensità rara che richiede attenzione. Le sue parole sono precise e puntano all’essenza delle cose: “Nella danza sfidi le leggi della gravità, scardini tutto, ruoti il femore e sulla punta di un piede hai una base di appoggio di quattro centimetri e su quei quattro centimetri hai bisogno dell’energia che non può finire e dell’equilibrio. Anche la macchina fotografica apre mondi di equilibrio. In teatro fotografare crea gelosie, ma appena senti la tensione, sposti l’obiettivo su quelli che si sentono trascurati e subito tutto viene governato dall’armonia. Fotografare la scena è un privilegio enorme. Hai sempre a che fare con persone che devono attraversare in modo estremo la vita. Tu sei a contatto con gli attori, i cantanti, i ballerini che regalano la loro anima ai personaggi e viaggiano in tre ore nella vita intera. Quando fotografo non dico: ora faccio questo o quello. Entro in trance e non me ne rendo conto. Mi sento una rabdomante. Se Giulietta muore, io sono testimone di questa morte”.

    Fra gli incontri indimenticabili quello con Solène Fiumani, danzatrice e assistente di Matt Mattox. Energia interiore pura. A cinquant’anni, sdraiata per terra, apparteneva alla terra ed è schizzata come una scheggia a quaranta centimetri da terra. Quello con i bambini socialmente a rischio nelle scuole di frontiera, insegnante in un progetto per ridurre l’abbandono scolastico. “Il primo giorno sono entrata in classe e mi volevano dimostrare che non c’ero. Pensai: o muoio, o me ne vado, o mi fanno secca loro. L’unica arma potente che avevo era la loro stessa immagine. Li ho filmati: dimostravo subito quello che erano”. Non si devono essere piaciuti se, dopo essersi visti, hanno cominciato a dialogare con Rosellina, la Garbo.

     

    Foto: © Rosellina Garbo.

    Le immagini sopra ritraggono Soimita Lupu, prima ballerina del Teatro Massimo di Palermo, in sala prova del teatro.
    Queste foto sono state scattate poco prima del suo saluto al teatro.

    BIOGRAFIA DI ROSELLINA GARBO

    Il racconto, il corpo e l’immagine sono da sempre il centro della sua vita. Dapprima come danzatrice e poi come fotografa professionista.

    Dal 2013 è la fotografa ufficiale del Teatro Massimo di Palermo. Le sue foto di scena rappresentano il Teatro per tutte le attività mediatiche, di editoria e di alcune campagne pubbliitarie e sono pubblicate in tutto il mondo su riviste specializzate.

    Le sue opere sono state in mostra a Palermo, Milano, Londra, Hanghzou e Lishui (Cina). 

    Danza e teatro sono fotografati da Rosellina come a voler fissare il racconto che sta dietro il racconto, l’attore che sta dietro al personaggio, la luce che sta dietro il sipario. Rosellina è stata una danzatrice professionista ed un’insegnante di danza. Ha una formazione come ballerina classica e contemporanea. Poi dal fare danza è passata a fotografarla. Rosellina ha vissuto il teatro quasi ogni giorno della sua vita.

    Essere una danzatrice significa diventare strumento del racconto della vita attraverso il corpo, esserne attraversati insegna ad affinare lo stato percettivo del sentire e questo rimane per sempre, qualsiasi cosa tu faccia. Non ho scelto di lasciare la danza, è accaduto perché la vita spesso ha disegni diversi da quelli che speriamo, ma adesso so che perderla è stata una straordinaria opportunità per scavare ancora dentro di me e rinascere altrove.

    La fotografia ha ricucito lo strappo e tutto quello che sono stata ed è entrata in gioco con una inaspettata intensità. Nel bene e nel male, so che le mie foto sono me stessa.” Rosellina Garbo

    Foto: © Rosellina Garbo.

    Foto a sinistra: facciata del Teatro Massimo di Palermo.
    Foto a destra: il Maestro Gabriele Ferro, allo ra direttore musicale del Teatro Massimo (oggi direttore musicale onorario), ritratto durante le prove del Guglielmo Tell di Rossini messo in scena nel 2018.

    Collegamenti esterni

    Articolo originale: Wall Street International Magazine, 17 luglio 2015.

    Sito ufficiale di Rosellina Garbo: www.rosellinagarbo.it

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